Verona 1511 – Da giorni ormai, una triste storia viene narrata in ogni dove, agli angoli delle vie più importanti, come anche nelle strade che dalle porte principali delle città conducono a sperdute cascine tra campagne sterminate o piccoli borghi arroccati su troneggianti colli, fino ai sontuosi palazzi, residenze di nobili e illustri famiglie. E’ la storia di due giovani che, durante il ballo in maschera per festeggiare il carnevale, nella bella Verona, la sera dell’11 febbraio, si sono perdutamente innamorarti. Ma il destino ha deciso di metterci lo zampino… la famiglie, sebbene imparentate tra loro, sono in disputa e hanno fatto di tutto per separarli, riuscendoci. Dalle liete e spensierate danze alla separazione dei due il passo è breve. Come pure quello che conduce il giovane Luigi ad una tragica morte in battaglia e la bella Lucina di Sarvognana, alle imposte nozze con un nobile. Ma domandiamo ad un testimone, presente ai fatti, l’arciere Peregrino, fidato servitore di Luigi da Porto.
Messere avete assistito ai fatti, corrispondono al vero?
“Porto meco un documento, prova della veridicità degli eventi, il codice trascritto direttamente dal protagonista della storia.
Historia novellamente ritrovata di due nobili amanti con la pietosa loro morte intervenuta già nella città di Verona nel tempo del signor Bartolomeo della Scala
Cosa potete dirci sul triste amore dei due protagonisti?
“ Cupido ha scoccato una freccia durante il ballo. Ricordo bene, il giorno dopo, la tristezza nel volto del mio Signore, al rifiuto dello zio di lei alla richiesta delle nozze. Tanto che mi sono permesso di dar lui consiglio: “Volete voi sempre in trista vita vivere, perché bella crudele, altrimenti mostrando, poco vi ami?”
Qual è il giudizio vostro riguardo ad una tal tragedia?
“ Traggo una visione nefasta della donna, che, a mio parer, ancor prima che l’amato abbia esalato l’ultimo respiro, era già in cerca di marito. Mi domando quante oggi sarebbero così fedeli al proprio innamorato da seguirlo nella morte?”
Al fidato Peregrino vorremmo spoilerare che verrà un tempo in cui, un famoso scrittore d’oltre Manica, ispirato da queste vicende, narrerà la storia di Romeo e Giulietta, che entrambi preferiranno la morte al viver separati. Per sfuggire alle famiglie, grazie al saggio speziale Romeo beve una pozione e cade in un sonno ingannatore. Giulietta, che per scherzo del destino non sa dell’artificio, vedendolo nel letto di morte, si pugnala. Il giovane risvegliatosi, comprende l’inevitabile e si toglie la vita con lo stesso veleno che prometteva prima la salvezza per entrambi.
Ma chi sarà mai questo speziale?
Tra scienza e magia, il potere degli speziali
Romeo compra dallo speziale di Mantova “un grammo di veleno, ma che sia roba sbrigativa, da stender morto appena si diffonde nelle vene”. Roba forte.
Varchiamo la soglia della sua bottega, dove sull’architrave si legge (ancora!) “Pharmacopoeorum Collegii”. Tra alambicchi e distillatori, l’attento speziale realizza preparati con arsenico, cianuro, cicuta, aconite e belladonna. Il più potente è l’aconite, una pianta da cui si estrae il pericoloso principio attivo. Non si conosce tuttora l’antidoto. La belladonna, dal nome suadente e ingannevole, rimane il più utilizzato. Nell’antica Roma come ai tempi nostri veniva usato dalle donne per rendere più colorito il viso e più dilatate le pupille. Nomen omen insomma. La differenza stava tutta nel dosaggio. Poche gocce per rilassarsi, di più per morire.