Bottega e retrobottega

Dimmi cosa mangi… e ti dirò chi sei!

Ormai è chiaro a tutti, Signori o servitori: nessuno ha più alcun dubbio! E’ a  tavola che si mostra agli altri quanto si vale, o meglio, di quanto si dispone. Dal cibo che viene offerto ai commensali  è facile capire a quale lignaggio appartenga una casata. Non per nulla, durante  i banchetti si sfoggiano pietanze, ricette e anche ingredienti che non solo fanno conoscere gusti esotici ricercati e nuovi, ma che   nascondono un  segreto:  il potere del padrone del Palazzo. E must have, ultima tendenza dei banchetti, dagli Sforza ai Medici, dai Gonzaga agli Este, fino anche ai Pontefici, è avere un “consulente gastronomico delle feste” capace di portare già con il solo suo  nome, stupore, meraviglia e, perché no,  un pizzico di invidia.  L’accoglienza diventa un’arte vera e propria. Pittori e uomini d’arte dettano una nuova moda basata sull’ordine e la geometria e sull’uso di raffinate ceramiche, di lavorati vetri, di preziose “posaterie” e lucerne.  Le pietanze, che richiedono elaborate preparazioni, fortemente speziate e spesso dolcificate,  vengono presentate rispettando i criteri della raffinatezza e dell’eleganza: con il cibo sono a fianco di “chef” negli eventi mondani più esclusivi . Ed è  proprio  su questa linea, secondo cui l’apparire diventa un’arma politica per manifestare potere e reclamare onore, che,   per ricevere il nuovo dominatore Carlo VIII di Valois e il suo esercito, Pietro de’Medici conferisce il  prestigioso incarico a Pietro Vannucci. Il maestro non delude. Realizza nella sua bottega, grazie anche agli allievi,  decori trionfali , ornati di foglie e fiori, li fa disporre per tutta la città. Si deve stupire  e far di Firenze una città che,  superba, si mostra magnifica anche quando  abbassa il capo davanti al nuovo re.

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La vita del Perugino a puntate n.5: La partenza per Roma

La famiglia de’ Medici, dopo la rottura politica con gli alleati della Congiura  dei Pazzi del 1478, deve risanare i rapporti con Sisto IV, quale migliore occasione degli scambi culturali. I migliori artisti fiorentini, Pietro Perugino, Domenico Ghirlandaio, Sandro Botticelli e Cosimo Rosselli, si fanno portatori di bellezza ed armonia per le diverse corti della nostra penisola, e giungono fino a Roma per lavorare nella Cappella Sistina.

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La vita del Perugino a puntate: n.1

Ricostruzione “giocosa” della vita del Meglio Maestro d’Italia”, attraverso fonti più o meno autorevoli, immaginando i dialoghi di un’improbabile chat social Biografie e memoria Per rispondere alla domanda “chi sono?”, e quindi definirci come individui, dobbiamo ricorrere ad una narrazione: la narrazione della nostra storia, che si sviluppa nell’intreccio di relazioni umane, parole, immagini, gesti e attività che si creano intorno ad un ambiente, in un certo momento. Ogni cosa condiziona l’altra e ci rende attori e insieme spettatori nel teatro della vita. E a complicare il tutto, c’è la memoria collettiva: non siamo solo quello che siamo, ma siamo anche la percezione che gli altri hanno di noi. Il Perugino, garzone alla bottega del Verrocchio, di certo non sapeva quanta importanza avrebbe avuto nei secoli successivi, quanto il suo stile avrebbe condizionato i posteri. Proprio come Tutankhamon non si sarebbe mai immaginato di essere disturbato nel suo sonno eterno per entrare nella lista delle 10 scoperte archeologiche più importanti del mondo, o Cleopatra di essere ricordata non per le sue imprese da regina d’Egitto, ma per la spettacolare morte con il veleno di un serpente; o di Newton, del quale più che la teoria scientifica, si ricorda la scenetta della mela che cade dal ramo! Alle volte accade invece il contrario: nel tentativo di restare ben impresso nella mente dei posteri si compiono imprese sensazionali, e si dà fondo a tutto il proprio il patrimonio, e nonostante questo, le cose poi non vanno come nei piani: è il caso dell’imperatore Tito Flavio Vespasiano, che si stima avesse speso l’equivalente di 700 milioni di euro per finanziare l’Anfiteatro Flavio di Roma, che ahimè, finì per essere ben più noto come Colosseo (e beffa, vide invece il proprio nome associato ai bagni pubblici!). O di Napoleone, del quale più della memoria delle grandi battaglie resta quella della sua (poca) altezza e la sua posa buffa nei ritratti, con la mano a reggere le bretelle! Difficile dire che cosa lasceremo di noi, cosa di noi ricorderanno i futuri storici, giornalisti, ricercatori. Dunque resta solo una cosa da fare, quando decidiamo di fare qualcosa: sperare di farla bene! Serena Trippetti Dott.ssa Archeologa

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