Intervista ad Antonio Pigafetta Siviglia – 7 settembre 1522. Due anni, undici mesi e diciassette giorni dopo la loro partenza, o oltre tre anni dopo, se si considera il problema iniziale che la spedizione ebbe alla foce del Guadalquivir, diciotto uomini hanno concluso la prima circumnavigazione del globo. Tra loro c’è un nostro conterraneo: Antonio Pigafetta, che così registra nel suo Diario del viaggio: “ E alli 7 di setembre, con l’aiuto d’Iddio, entrarono nel porto di San Lucar, vicino a Siviglia, solamente 18 uomini, la maggior parte ammalati; il resto di 59 che partirono dalle Molucche, parte morirono di diverse malattie, e alcuni ancora furono decapitati nell’isola di Timor per lor delitti. E giunti in questo porto di S. Lucar, per il conto tenuto di giorno in giorno, aveano navigato da 14460 leghe, circundando il mondo dal levante in ponente. ” Era il 10 agosto 1519 quando , dal porto fluviale di Siviglia, prese il via il viaggio delle cinque navi delle quali non è facile ricordare il nome, come avviene invece per le caravelle di Colombo. Trinidad, San Antonio, Concepción, Victoria e Santiago i loro nomi. Ma intervistiamo direttamente Antonio Pigafetta prima che parta di nuovo, questa volta a omaggiare per primo l’imperadore di Spagna, tanto fiducioso da permettere a Magellano l’impresa ardua. Insigne Cavaliere dell’Ordine di Rodi cosa porterà ai Magnifici regnanti? …”Non potrò appresentare oro o argento o pietre preziose … degne della grandezza di tanto principe, ma gli darò un libro scritto di mia mano, ove vi ho notate tutte le cose accadute di giorno in giorno in questo viaggio. Di lì poi mi recherò a Lisbona al serenissimo re di Portogallo, al qual dirò tutte le nuove delli suoi uomini, che avevan trovati sì nell’isole delle Molucche come in altre parti. Dapoi me ne irò in Francia, dove appresenterò alcuni doni delle cose portate di questo viaggio alla serenissima madama la regente, madre del potentissimo e cristianissimo re di Francia. Finalmente venuto in Italia, presenterò similmente questo suo libro al reverendissimo gran maestro di Rhodi messer Filippo Villiers Lisleadam,” Da quando ha scoperto la passione per i viaggi in mare? Fin da giovinetto ebbi un solo desiderio: quello di navigare. La nostra è l’epoca delle grandi scoperte geografiche e i viaggi verso paesi sconosciuti attirano i più ardimentosi. Per giornate intere restavo chiuso nelle mie stanze a studiare carte geografiche, libri di navigazione, strumenti nautici e a progettare grandi spedizioni per mare di cui avrei voluto essere il capo. Naturalmente poi feci di tutto per appagare questo mio desiderio. “Cari genitori — dissi un giorno— io sento che il mio destino è sul mare. Le fatiche, il pericolo, le privazioni, le insidie dell’oceano non mi spaventano”. Di fronte a una decisione così risoluta I miei vecchi genitori non ebbero la forza di opporsi, fu così che, dopo alcuni preparativi, lasciai la mia Vicenza. Come riuscì ad imbarcarsi con Magellano? L’occasione si presentò quando venni a sapere che il navigatore portoghese Fernando Magellano aveva presentato al re Carlo V il progetto di un lungo viaggio per mare. Magellano avrebbe voluto raggiungere le isole Molucche navigando verso ponente e passando dall’Atlantico al Pacifico per mezzo di uno stretto di mare che era convinto dovesse esistere. Era giunta finalmente una buona occasione. Senza esitare, lasciai Barcellona e mi recai a Siviglia per conferire direttamente con Magellano, portavo con me una lettera di raccomandazione del Chiericati. Come andò l’incontro? Era una mattina di settembre quando mi presentai a Magellano. “Cavaliere — mi chiese Magellano — voi volete dividere con me i pericoli di un viaggio alle Molucche?” “ Con entusiasmo, capitano — risposi — e sono sicuro di condividere anche il successo dell’impresa a voi affidata”. L’accordo era così stipulato. Mi unii alla sua spedizione col grado di criado, cioè segretario addetto alla persona del comandante. Come era la vita a bordo? In quei tre duri anni di viaggio, mi sono ritrovato a bordo di navi vecchie e prive di ogni conforto, in climi insopportabili, tra atroci sofferenze provocate dalla fame e dalla sete. Ma per mia gran fortuna fui l’unico uomo dell’equipaggio che non ebbe nemmeno una minima indisposizione. La peste, le malattie, le ferite purulente uccisero a decine i miei compagni, ma anche quando fui costretto a calmare la fame con cuoio rammollito, non lamentai neanche un minimo disturbo intestinale. Cosa ha scritto nell’ormai celebre Diario? Il diario contiene notizie sulla rotta del viaggio, resoconti delle ambascerie da me fatte ai vari re dei luoghi in cui le navi approdavano, relazioni sui singolari costumi delle popolazioni indigene, osservazioni sulla flora e la fauna. Ho inserito anche un dizionarietto dei vocaboli di uso comune adoperati dagli indigeni delle Molucche, della Patagonia e delle Filippine. Perché è tanto importante il Diario? Il Diario documenta il viaggio del Capino Magellano. A volte io stesso lo rileggo per non dimenticarmi di tutte le meraviglie che ho avuto l’opportunità di scoprire. Ho scritto di “..Come (si) partì l’armata del porto di Siviglia. E come si raccoglie l’acqua in una dell’isole Canarie. De’ pesci detti tiburoni… Del capo detto di Santa Maria, dove si trovano pietre preziose. Di lupi marini e sua descrizione. Degli uomini di quel paese, i quali hanno statura di giganti, e con che arte il capitano ne prese duoi. Del medicarsi quando hanno mal di stomaco, e quando li duole la testa, e quando muoiono….” ma non voglio togliervi il gusto di leggerlo, ho in mente già di far copie manoscritte. E così si allontana, tra la confusione del porto, un uomo stanco e assai provato nel corpo, ma con lo sguardo brillante e fiero di che sa di aver fatto la storia!