Oro, incenso e mirra

La grande festa di Natale della famiglia Baglioni

La grande festa della vigilia di Natale presso la sontuosa abitazione  Baglioni è pronta per iniziare. Gli ospiti saranno coccolati con prelibate prelibatezze e degustazioni di vini pregiati. Un paradiso terrestre per i buongustai! Ma non si tratta solo di cibo, la festa  sarà anche una dimostrazione di potere e ricchezza, una vera e propria passerella per mostrare il proprio status sociale. Il menù è un sogno ad occhi aperti ed è  formato da una collezione di piatti principali. Tra le scelte più gettonate, gli ospiti troveranno  le prelibatezze di carne, come il pollo alla cacciatora, il maiale arrosto o la selvaggina in umido. Ma l’esperienza non finisce qui! A tavola si potrà ammirare  anche una ricca varietà di frutta, verdure, pane, formaggio e vino. Un vero e proprio tripudio di sapori! Un intero team di professionisti è pronto ad entrare in azione per rendere la festa  unica. Il maître d’hotel o il maggiordomo, il boss dell’organizzazione, con l’occhio di lince per l’allestimento della tavola e la scelta del menù. Il coppiere, il mago del vino, che sceglierà i vini migliori e li servirà con stile. Poi ci sarà il cuoco capo, l’artista del cibo che creerà piatti spettacolari. Il panettiere , il creatore di pane e torte che saranno una vera delizia per il palato. E ovviamente, ci saranno i servitori, che con un sorriso sulle labbra, serviranno il cibo e le bevande e puliranno tra un piatto e l’altro. Ma non finisce qui, ci saranno anche intrattenitori di ogni tipo: musicisti, giullari, ballerini e acrobati che divertiranno gli ospiti e renderanno la festa ancora più indimenticabile! Non solo il palato, ma anche gli occhi e le orecchie  godranno un’esperienza gustosa a casa Baglioni. La festa sarà un  vero e proprio spettacolo teatrale, con performance mozzafiato che faranno  sentire gli invitati  in una favola. Mentre gusteranno piatti deliziosi, gli ospiti potranno ammirare anche  le creazioni artistiche degli artisti locali. La festa promette di essere un evento davvero memorabile, pieno di divertimento ed allegria. I Baglioni, padroni di casa esperti, sapranno come far sentire i loro invitati parte di una grande comunità, condividendo con loro momenti di felicità e di gioia in un ‘atmosfera magica e coinvolgente, che lascerà un ricordo indelebile in tutti coloro che parteciperanno.

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LA PAURA DEL CONTAGIO NELL’ARTE E L’INVOCAZIONE DIVINA.

Deruta 1478 A causa della forte virulenza che la peste  crea, anche i maggiori pittori della nostra epoca danno risalto a questa malattia nelle loro opere artistiche, come il Maestro Pietro Vannucci, detto il Perugino, che  ha inserito questa terribile pandemia in uno dei suoi affreschi “Il gonfalone dei santi Romano e Rocco di Deruta” rinvenuto nella chiesa di san Francesco a Deruta. Nell’opera  i santi Romano e Rocco stanno in piedi guardando, rispettivamente, verso l’apparizione del Padre Eterno e verso lo spettatore. Dio rivolge la sua protezione divina verso il basso, dove si trova il paese di Deruta affinchè venga liberato da questa terribile malattia. All’interno dell’opera  l’osservatore viene colpito dal gesto di San Rocco che solleva un lembo della veste per mostrare la piaga sanguinante che ha sulla gamba provocata dalla peste. Anche in questa situazione così drammatica per Perugia e le zone limitrofe, il pittore, Pietro Vannucci, fa la sua parte e testimonia questo terribile momento storico che sta minacciando la vita umana e modificando le regole del vivere sociale. In una epidemia, di fronte alla realtà del vuoto che avvolge come una morsa l’uomo, Pietro Vannucci raffigura Dio che, rappresentando la creazione e lo sviluppo della vita, fa intravedere la speranza di una rinascita. È il caso di dire che, con il Divin Pittore, anche l’arte fa la sua parte e il dolore della malattia e della perdita  viene reso immortale dal tocco divino del suo pennello.

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Perugia prepara nuove zone rosse contro i focolai di peste.

Perugia 1475– A Perugia molte persone vengono colpite da febbre alta, mal di testa, dolori muscolari e articolari, nausea, vomito, sete, diarrea, brividi e sulla cute si manifestano dei bubboni. Questa strana malattia la chiamano peste nera o peste bubbonica e spesso non lascia scampo. Le autorità decidono la chiusura delle botteghe e di ogni altro luogo d’incontro, le direttive sono quelle di restare chiusi in casa. L’igiene è prioritaria: lavarsi il viso, le mani e la bocca con vino mescolato ad aceto, scorza di cedro e di limone. Le abitazioni devono essere pulite  e bisogna sanificare l’aria bruciando legni odoriferi e spargendo acque profumate. Si consiglia di bere mosti e di fare pasti leggeri e  di mangiare il coriandolo prima e dopo i pasti. Si raccomanda l’uso delle insalate con erbe contro il veleno come issopo, marrobbio, erbella, capperi, cicoria e cipolla. Si suggerisce di portare sopra i vestiti rose, viole e giacinti. E’ una vera e propria emergenza sanitaria! I dottori fanno di tutto per assistere i malati e per non lasciarli morire. Devono però proteggersi, quindi, indossano un cappotto ricoperto di cera profumata, una camicia ben infilata dentro un paio di pantaloni scuri. I pantaloni sono ben attaccati a degli stivali. Indossano anche guanti e un cappello. Per evitare la maggiore responsabile dell’infezione, l’aria cattiva, sopra la testa indossano una maschera e un cappuccio di pelle fissati al collo. Dal cappuccio sporge un becco ricurvo a forma di uccello che viene riempito da una miscela di cinquantacinque erbe , tra cui, cannella, mirra polvere di carne di vipera e miele. Hanno anche dei bastoni di legno, con cui visitano i pazienti infetti. Fa paura la peste a Perugia; le autorità stanno organizzando al massimo i servizi per ridurre il rischio di contagio e per evitare la morte di ulteriori persone.

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Castello Bufalini si tinge di rosa

Innamorato sbadato dimentica i versi scritti per l’amata, indispensabile l’intervento della giovane armata delle quinte di Magione Diomede innamorato, preso nella ricerca della rima perfetta per conquistare il cuore della sua amata, stavolta l’ha combinata grossa! Distratto dalle opere, ricche di fiori e vegetali, il giovane della casata dei Bufalini, passeggiando per le sale del suo Castello, edificato a San Giustino, si è dimenticato il luogo nel quale ha nascosto la poesia per la gentil donzella che gli ha rubato il cuore. Vani tutti i tentativi di ricerca. La servitù ha buttato all’aria tappeti, spostato quadri e rovistato dentro enormi camini e vecchi cassoni, ma niente, del messaggio non vi è traccia. E poi…come a volte capita, succede qualcosa di inaspettato e, anche se non si sa bene come e perché, tutto si aggiusta. Il caso vuole, infatti, che una baldanzosa armata, formata da coraggiosi cavalieri e impavide donzelle, si sia trovata a passar proprio da quelle parti e, commossa per il disperato appello del giovane si sia adoperata per risolvere l’arcano. Armati di spirito di osservazione, intraprendenti intuizioni e ingegno assai brillante, i quarantacinque ragazzi si sono impegnati in una singolar contesa: una caccia al tesoro tra ARTEORTO. Le tracce lasciate, infatti, da Diomede hanno richiesto una lettura attenta delle opere esposte nelle stanze del Castello e degli affreschi che decorano i soffitti. Tra la rosa che spicca nello stemma del nobile casato, ghirlande di alloro, cespugli di gelsomini e improbabili insalate di verdure e frutti, ma anche draghi e strane creature volanti, correndo su e giù per le scale che conducono dalle cucine alle stanze padronali, alla fine lo scrigno è stato ritrovato. Saranno state sufficienti quelle dolci parole a conquistare il cuore della giovinetta? Questo, caro lettore non c’ è dato sapere, ma nel borgo si mormora di due giovani che, ogni sera al tramonto passeggiano mano nella mano per i giardini del Castello. Un ringraziamento speciale all’Azienda Aboca di Sansepolcro che ha in parte finanziato il progetto per le classi VA-VB della Scuola Primaria di Magione

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Un giardino in palazzo

LA PRIMAVERA DI SANDRO BOTTICELLI FIRENZE 1498 Nel Palazzo di via Larga a Firenze, è stato collocato un meraviglioso di dipinto attribuito al pittore Alessandro di Mariano di Vanni Filipepi , detto Sandro Botticelli, amico di bottega di mastro Pietro Vannucci, in cui la natura, tanto cara al pittore e alla corte fiorentina, emerge in tutti i suoi aspetti. Il dipinto viene eseguito per Pierfrancesco dei Medici, cugino di secondo grado di Lorenzo il Magnifico che sta avviando Firenze a uno dei suoi più grandi periodi di splendore. Botticelli sembra essere molto legato alla cerchia medicea di cui rappresenta gli ideali di bellezza e armonia. Il capolavoro di Botticelli, La Primavera, ritrovato nel Palazzo di via Larga ,che lascia estasiato l’osservatore, colpisce per la straordinaria varietà di fiori e piante raffigurate. Nella penombra di un boschetto d’aranci e alloro le otto figure presenti nell’opera d’arte: Zefiro, Flora, Venere, Cupido, le Grazie e Mercurio sono immerse nel verde, su di un meraviglioso prato fiorito, in cui si contano tantissimi fiori disegnati minuziosamente. Si parla di circa 500 specie vegetali raffigurate. Con ogni probabilità, sulla scia dell’amico Leonardo da Vinci, Botticelli si è basato sull’osservazione diretta della flora nei dintorni di Firenze e dei numerosi erbari che circolano nei manoscritti. Fiori, frutti, piante ed erbe fanno di questo dipinto un capolavoro nel capolavoro. Tantissime le margherite, le rose, le viole. Scorgiamo anche l’elleboro, la viperina azzurra, la camomilla e la tossilaggine, garofani, fiori di fragola, fiordalisi e uno splendido iris, noto anche come giglio di Firenze, una pianta che cresce in modo spontaneo in questa meravigliosa città. Ma perché il pittore fiorentino esalta in questo dipinto la natura? Pochi sono i dubbi in merito… Botticelli è un cronista, anzi, meglio, un documentarista meticoloso della realtà che vede essere a lui contemporanea. Nella Firenze medicea i giardini diventano simboli della potenza della famiglia dei Medici ed è per questo che diventa di fondamentale importanza la loro progettazione iconografica. Pertanto, l’opera di Botticelli, si pone come fondamentale testimonianza delle dinamiche culturali fiorentine, con particolare riferimento al ruolo dei Medici, nella rinascita della città.

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